Circa un anno fa ho avuto il grande piacere di poter visitare l’ex ospedale psichiatrico di Voghera, accompagnata da un impiegato della ASL e da un infermiere che ha lavorato lì negli anni in cui il nosocomio era in funzione. L’infermiere tornava in quel posto di dolore dopo parecchi anni, la sua emozione era grande, tradita dalla voce spesso tremate e dagli occhi tristi e lucidi.
L’”Ospedale Psichiatrico Provinciale di Pavia in Voghera” ha iniziato la sua attività nel 1876 anno in cui i malati allora ricoverati a Pavia sono stati trasferiti nel nuovo nosocomio.
L’ospedale sorse, come la maggior parte degli ospedali psichiatrici, in una zona che ai tempi era fuori dall’abitato: i “matti” si tengono nascosti e lontani dai “sani”, si ha paura e ci si vergogna di loro. Sono persone senza diritti, sulle quali si possono usare violenze e costrizioni fisiche, sperimentare terapie inaccettabili che violentano il fisico e la mente. Nessuno se ne preoccupa, ma soprattutto nessuno difende la loro dignità.
Il manicomio arrivò a ospitare un migliaio di degenti, oltre a 300 dipendenti.
La parte più interessante dell’ospedale è la “rotonda”, un corridoio semicircolare ove si affacciano le piccole stanzette in cui venivano rinchiusi i pazienti violenti che provocavano lesioni ad altre persone. Le anguste celle avevano gli angoli delle pareti arrotondati, uno scarico in mezzo al pavimento in corrispondenza del letto di contenzione in ferro che era cementato al pavimento. Nel corridoio si nota una presa dell’acqua alla quale veniva attaccata una canna che serviva, oltre che per pulire, per bagnare i pazienti con acqua fredda.
Il manicomio ha chiuso definitivamente i battenti il 22 dicembre del 1998, quando al suo interno sono rimasti solo due pazienti che si erano sposati un anno prima e che non hanno trovato posto nelle vicine Crt (comunità residenziali terapeutiche). Sono rimasti lì con le chiavi dell’ospedale, potevano entrare e uscire e ricevevano comunque le cure necessarie.
Parte della grande ospita ora il reparto di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, mentre il resto è in stato di abbandono.
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