Tempo, natura, uomo. I tre sovrani dei cambiamenti: l’ uomo imprime il suo operato sulla natura muovendosi all’interno di quella dimensione così rigida che è il tempo. Tempo scandito, organizzato, tritato…perduto. Perduto dall’uomo e da nuove abitudini tecnologiche che impongono nuovi ritmi, esigenze e canoni estetici.
Ma se il tempo, ad un certo punto, si fermasse distruggendo la voce dell’uomo? E se, ad un certo punto il tempo si fermasse e si mettesse a rivendicare il proprio diritto ad essere rivalutato e pensato, non in termini futuri ma passati?
Ecco che il tempo si caricherebbe di quella memoria dedicata ai tempi che furono, dimenticandosi della dimensione corrente.
Fermiamoci un attimo, ‘uomini rotti dal futuro’, per cercare il passato nel presente. Quest’azione di recupero storico può essere compiuta leggendo un libro, facendo una ricerca, o esplorando in prima persona le antiche dimore un tempo popolate dagli uomini del passato.
Esiste una nuova figura nel tessuto socio-artistico di oggi: quella dell’esploratore urbano.
Quest’ultimo è spesso un fotografo autodidatta (ma anche videomaker, pittore, poeta…) che si intrufola in luoghi in disuso (da fabbriche a ospedali, da ville a paesi abbandonati…) con l’unico intento di rappresentare con la fotografia, antiche strutture ormai dimenticate.
Perché questo interesse? Perché praticare l’esplorazione urbana?
Perché troviamo eccitante scoprire qualcosa di nuovo (ma vecchio) in un mondo superficiale e distratto nei confronti del proprio territorio.
Perché il nostro andare in luoghi decadenti vuole mostrare quanto di grandioso e bello si possa scoprire in contesti spesso apocalittici e decadenti.
Le costruzioni dell’uomo subiscono la forza creatrice e distruttrice della natura, il peso del tempo e del suo rinnovarsi, e questo, alla lunga, porta all’annientamento dell’uomo e delle sue opere: l’esploratore urbano riporta in luce ciò che stiamo per perdere. Attraverso la condivisione delle proprie immagini, l’esploratore immortala nuove spontanee bellezze che nascono dall’abbandono. In questi termini, la parola ‘ecologia’, in ambito sociologico, rinvia ad un nuovo vocabolo: essenzialità. Attraverso i nostri scatti vorremo dunque mostrare l’essenzialità del bello e della vita là dove non è pensato possa esistere.
Lasciti umani e virtù creatrici della natura si incontrano in scenari inusuali innescando un inaspettato immaginario di onirica bellezza.
Elvira Macchiavelli