Memorie di Buriano

                                                 Memorie di Buriano

                                                  ‘Il Paese senza tempo’

Buriano. Un piccolo paesino completamente disabitato nei pressi della Val di Cecina. La strada è tortuosa, il paesaggio fiabesco. Le colline sono curve riposanti, il cielo minaccia tempesta ma non annienta la grande volontà d’animo di questa ennesima esplorazione urbana.

Due colonne in mattoni, una delle quali ha una targhetta sbiadita con scritto Buriano, ci invita alla lunga camminata per raggiungere il Paesino. Sulla destra ci sono i resti (ben conservati) di quel che doveva essere un vecchio agriturismo. Tutte le porte sono chiuse ma dalle finestre si vedono le stanza da letto: qualche quadro pende storto da un lato e ancora le coperte infagottano i materassi. Da una grata, che da sulla sala da pranzo, ci sono bottiglie  di vino piene sui tavoli, il bancone del bar è corredata ancora dalla macchina del caffè e bottiglie di liquori. E’ come se il tempo si fosse fermato di un tratto e tutti siano scomparsi. Infatti è proprio questa la voce, la leggenda che aleggia su Buriano: si racconta che una notte tutti i suoi abitanti siano spariti… le solite cose, sapete: fantasmi, urli, fruscii… le tipiche storie che impregnano un Paese abbandonato che in realtà è andato in malora per cause finanziarie.

Ritornando a noi, proseguendo per la non troppa faticosa salita si arriva finalmente nel cuore di questo così silenzioso luogo. Qualche casa in Piazza della Chiesa è tremendamente pericolante. Lo stemma affrescato con i due leoni è tutto scrostato dalle pareti esterne della casa numero 8  di rimpetto alla Chiesa… e proprio su quest’ultima vorrei spendere qualche parola in più. La Chiesa di Buriano è Consacrata, e non Sconsacrata come tanti affermano. La porta d’ingresso è spalancata e giace a terra.  C’è poca luce, ma come di consueto, un esploratore ha sempre con sè una o più torce, proprio per far fronte a questo tipo di situazioni.  L’altare è piccolo e porta su questa incisione: ‘Il nobil uomo Pietro Emilio Barone di Rochefort in onore della S.S. Vergine Maria  costante protettrice sua bella virtuosa consorte Anna ottavia Marchesa di Chabannes La Palice e delle loro famiglie. Quest’altare omaggio di riconoscenza nel 1897 edificò.’  Addossato ad una parete noto, attraverso lo schermo della telecamera qualcosa d’insolito: immaginatevi la penombra, il vento sibilante e un sarcofago di legno aperto con dentro il Cristo della Quaresima, ovviamente coi piedi e polsi trafitti dai chiodi sanguinanti. Per un attimo ho sentito una lieve pelle d’oca ma poi quel Cristo si è ritenuto essere un buon soggetto per una fotografia…

Una porta aperta,  dietro l’altare, ci porta alla Canonica. Ci sono credenze spalancate con decorazioni di Natale, libri sul Catechismo, fiori finti e nella cucina (ancora con tutti gli elettrodomestici) una moto e un servizio di tazzine, con tanto di moka e confezioni di zucchero Conad appresso.  Sempre al pian terreno, in una stanza probabilmente adibita alle confessioni, due statue della Madonna: una su di una parete e una su  quella di fronte. ‘Le Madonne’ sono pallide in viso, con l’abito celeste e gli occhi rivolti al Cielo: provo un po’ di compassione per loro e per la loro solitudine: lo sguardo è più addolorato e afflitto del solito. Al piano superiore visitiamo gli alloggi del prete, e il campanile. Le belle campane di bronzo con la corda oscillante per gli spifferi mi tentano a farle suonare. Chissà che bel rintocco sarebbe dilagato per la campagna, tirare quella corda sarebbe stato come rispolverare vecchi ricordi.

Annesso alla Chiesa si trova il camposanto. Ci sono poche lapidi, e i fiori non sono freschi. Molti vasi sono rovesciati e nella piccola cappella c’è solo un’icona raffigurante Gesù.

Decidiamo di esplorare il resto del Paese. Sopra la porta delle stalle c’è un piccolo affresco raffigurante il busto di alcuni equini e ferri di cavallo, mentre le altre case sono rimaste a noi ignote per le precarie condizioni del pavimento. A capo del Paese, in una piccola vallata, si trova (adesso di proprietà comunale) il Castello di Buriano, o meglio ‘La Fattoria’.  Quest’edificio è tenuto molto bene: non è pericolante,la torre non ha vetri rotti e il ‘pratino’ è tagliato con cura. Si capisce quindi che la Fattoria non ha neanche uno ‘straccio’ di entrata, ma una marea di lucchetti e serrature se non anche la promessa di videosorveglianza.  Abbiamo esplorato il perimetro della struttura e oltre a edera e sterpaglie non abbiamo trovato niente.  Prima che il temporale ci colga abbiamo giusto in tempo scattato un’ultima foto del pozzo della Fattoria: il suo eco un richiamo ad un moderno Medioevo.

                                      Elvira Macchiavelli

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Commenti

Giada
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re: Memorie di Buriano

mercoledì 21 luglio 2010 20:41:44

Compliemti Elvira per la bellissima descrizione...leggendolo mi sembrava quasi di vedere tutto davanti a me.

Me lo segno...come meta di una prossima esplorazione!

 

angelo
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re: Memorie di Buriano

sabato 14 agosto 2010 17:20:31

Ma quando ci si va? Ragazzi da settembre in poi verrà misurata la reale partecipazione agli eventi e alle iniziative del sito.....Comprese escursioni  e invio di materiale.....Non rischiamo di fare l'anno scorso......Altrimenti non ci saranno più prossime volte!

Buone vacanze da Angelo il fatiscente!Fico

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