Fin da sempre ho avuto una grande facilità a socializzare e tutt’ora ho un buon numero di amici e conoscenti. Ma c’è una consapevolezza che mi ha accompagnata nel corso degli anni: l'attirare persone fuori dal comune, un po’ "strane" e spesso mi chiedevo: perché mi accade sempre così?» E tante volte mi son sentita dire "Attiri i matti". So che è un luogo comune, ma è un dato di fatto: senza fare niente attiro tutti i casi umani che incontro nella mia strada.
Sono convinta che noi tutti emettiamo delle vibrazioni nello spazio che ci circonda, anche attraverso i pensieri, le emozioni, gli stati d’animo e tutto emette di continuo una vibrazione. Per la Legge di Risonanza ogni vibrazione non fa altro che attrarre verso di noi situazioni e persone che hanno la stessa nostra frequenza vibratoria.
E allora attiriamo inconsciamente ciò che è utile per ampliare la nostra coscienza, e nella misura in cui noi ci evolviamo interiormente, cambiano anche le persone e le situazioni che attiriamo a noi dall’esterno.
Premesso ciò, una considerazione: è sempre difficile stabilire un confine tra la normalità e la stranezza, fra chi è integrato e chi è disadattato. Io mi sono sempre circondata, senza cercarlo, di persone che alcune volte sembravano “sul confine” tra queste due dimensioni, o forse a volte anche oltre quel confine. Persone inconsuete, dai pensieri stravaganti. È come possedere un magnete per questo tipo di umanità, per queste caratteristiche.
Ho riflettuto tanto su ciò nel corso degli anni e mi piace di più pensare che forse attiro persone libere, quelle persone che vivono la vita in modo speciale, in modo unico. Essere liberi implica essere persone semplici, essere come si è e non come gli altri vorrebbero. Una persona libera è una persona che si libera dai pregiudizi, da quello che possono pensare gli altri. Io le considero persone "libere", libere di esprimere una diversità che le rende non stereotipate, proprio come la mia diversità. Questo è il lato positivo di essere liberi.
Ma oggi è un’altra storia.
Erano i primi anni '90 e mi accadeva spesso di recarmi a Bologna perchè una persona a me cara frequentava psichiatria alla Clinica Ottonello ed essendo io una ladra di conoscenza e sapere, presenziavo furtivamente alle lezioni. Accadde che un giorno una donna che sostava nel giardino mi si accostò e mi disse: "Hai voglia di ascoltarmi"? La mia risposta fu immediata: "Certamente, sempre che tu sia disponibile ad ascoltare poi me". Teneva tra le mani un quaderno. Lo aprì e ne strappò una pagina. Me la mise tra le mani dicendo: questa è una poesia, anzi sono due poesie e voglio che le tenga tu. Sono per te, adesso sono tue. Ricorco che la grande commozione e il grande stupore mi fecero dire solo un timido grazie.
La bella Rosaria, dagli occhi azzurri come il mare e il cielo insieme. Lei si dava a me con atmosfera magica e con grazia d'abbandono, io mi davo a questa donna con naturalezza pregna di energia positiva, fui cercata e domandata ed io accolsi senza sapere e così da questa inconsapevole serenità nacque gioia, sogno e bisogno di attraversamento. Mi raccontò la sua storia.
Ogni giorno ad una certa ora aspettava passare l'aereo che riportava il suo fidanzato andato a combattere in guerra. Quel fidanzato che non era più ritornato dal suo combattere. Ma lei l'aspettava e forse l'avrà atteso sino all'ultimo giorno della sua vita. Mi raccontò della sua vita, della sua famiglia. Della sua solitudine.
Ricoverata per lunghi anni nell'ospedale psichiatrico, ma non sto a riportavi ciò che mi raccontò di quei giorni perchè uguali a quelli trascorsi da Eli o Marisella a Villa Clara che già ho raccontato. Manicomio è sempre manicomio, non conosce nord o sud, est o ovest. In tutti i punti cardinali si chiamano Ospedali della Sofferenza.
Quando la conobbi era seguita nella clinica psichiatrica. Ogni qualvolta mi capitava di ritornare all'Ottonello il desiderio di rivederla e riabbracciarla era grande. Non ho avuto questo dono. Il suo ricordo è presente in me. Ripensarla mi dà serenità, forse è l'emozione che provai quel giorno d'inverno.
Non è importante stabilire qui se la follia esiste, se è lecito darle un nome così arcaico. Non voglio raccontare l'atrocità della vita quotidiana dell'ospedale. La mia mente passa con un salto da ballerino su un foglio stappato.
Lo propongo a voi, come un linguaggio contaminato da uno scambio di affetto dentro la scoperta del magico attraversamento nell'altrui e propria follia. Ho già pubblicato un'altra poesia scrittà di pugno dall'autore. Il mio caro amico Giacomo D. mi ha rimandato un commento per un post precedente e ha scritto...Che emozione, veramente meraviglioso tutto...da...alla decisione di non trascrivere la poesia per farci rivivere la bellezza di leggere una calligrafia. Bellissimo!...
Ripropongo anche in questo post la poesia scritta a mano da Rosaria, così si chiamava o si chiama, tralascio il cognome. (Adri)
Adriana Adamo (Vip)