Irrequietezza, sgomento e, per questa singolare esperienza, un contorno tetro: una villa abbandonata.
Edera, erbacce, ruggine.
Una porta : rettangolo di buio delineato da vorticanti e ammalianti granelli di polvere.
Regna un silenzio sospeso, durante “l’immersione” nella prima stanza di questo edificio, dove ogni cosa si ritrova ammassata e in disuso. Botti di legno, damigiane vuote e giocattoli sono riversate sul pavimento ricoperto di vestiti e stracci. Il soffice percorso si dirama in stanze dalla decadenza nauseante dove, la cucina sembra l’abitabile scenario di un “Inquietante Nessuno“.
Ecco, di colpo, dopo tre anni, ho trovato il nome a quella presenza ingombrante che èsembrata accompagnarmi durante l’esplorazione in questa villa.
La struttura è avvolta da toni oscuri e da forti contrasti di luci ed ombre che occupano tutte le stanze della villa. Il salone con le colonne di marmo è il portale per le grigie scale verso i due piani superiori. L'”Inquietante Nessuno” sembra essersi già incamminato ma, prima di seguirlo, sono incuriosita dai contatori della luce: i cavi sono stati lacerati. Per terra alcune buste delle bollette Siptel non sono mai state aperte. Chi abitava in questo luogo? Cosa è accaduto e chi c’è adesso?
Lentamente salgo le scale verso il primo piano. Dietro all’angolo stretto, un’altra rampa conduce ad un ampio salone illuminato irregolarmente dalla luce filtrante dalla porta-finestra. Riesco ad intravedere il soffitto ricamato da motivi floreali e da piccoli paesaggi contenuti in perfetti ovali dalla cornice nera. Intanto l’ “Inquietante Nessuno” sembra essersi appostato su un divano lacerato ed attende che segua il suo sguardo verso un angolo debolmente illuminato.
Una feritoia nel buio della stanza, una porta cruda verso un letto matrimoniale.
Sul pavimento, quasi a voler consolare la solitudine del materasso e della stanza, sono adagiate valigie aperte e vesti. Gli elementi così disposti suggeriscono all’osservatore alcune vaghe immagini di un breve frammento di vita sospeso tra la quotidianità e la scomparsa.
Visitare ogni piano della villa sembra un’ascesa verso la comprensione della vita e deisuoi imprevisti che di un tratto possono far calare un alone di solitudine, distruggendo ovattati equilibri.
Ritorno sul pianerottolo. Manca ancora un piano. Mentre salgo le scale, percepisco la decisione dell’ Inquietante Nessuno di non accompagnarmi oltre: lentamente si è ripiegato in un baule del primo piano tra sudici ricordi e lettere mai inviate.
Giungendo al solaio rimango avvolta da una luce dorata che, per un attimo, riempie anche l’obiettivo, poi si congeda. Qualcosa pare emettere un angoscioso crepitio, non appena la mia digitale inquadra una gelida scena dai toni caldi : una corda cascanteda una trave del soffitto si protende verso una singola sedia immersa nel silenzio della villa.
Scatto.
Scendo.
Chiudo.
La visita è conclusa: abbiamo vissuto lo sfarzo, siamo entrati nei ricordi di una famiglia e siamo diventati testimoni di una morte lenta e sgretolante. Quella della decadenza e del suo mondo in attesa di interpretazione.
Elvira Macchiavelli