Il segreto di Campo Tizzoro un bunker sotto la Storia
25 giugno 2006 — pagina 13 sezione: FIRENZE
Un bunker. Un sistema di gallerie sotterranee antiaeree, lunghe un chilometro e mezzo, costruite nel 1913 sotto lo stabilimento della Smi per proteggere gli operai da eventuali attacchi: è il segreto che custodisce, a venti metri di profondità, Campo Tizzoro, un piccolo paese della montagna pistoiese. Un unicum in Italia, quel bunker, rimasto indenne dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e inviolato dal segreto militare che proteggeva la fabbrica di munizioni. Lo abbiamo visitato insieme al gruppo di architetti che ha fatto un progetto per riscoprirlo e valorizzarlo in chiave turistica e didattica. «Siate calmi. In queste scale avete già un riparo». Non è vero: non si è mai al riparo dal passato. Anche se ha la voce della ruggine e le pareti macchiate di umidità, il passato non ci dimentica. Impone i suoi ritorni, sollecita risposte a domande sospese. A volte siamo noi a chiamarlo, perché sveli il segreto che chiude il conto. Siate calmi, dice la scritta all' ingresso del bunker, ma è tardi: la porta blindata è l' inizio del vortice, un' elica di cento gradini ci precipita nella Storia. Cemento che rigurgita ferro, vecchie lampadine sfocate, depositi di maschere antigas, una cappella per pregare, Dio non farci bombardare. E' tutto come allora, il freddo e la paura, come allora. A venti metri sotto terra, sessant' anni fa sembrano sessant' anni adesso. Si sprofonda soli, in questa spirale di scale, in mezzo a una folla di fantasmi in tuta da operaio. L' ombra della guerra a ogni passo, la sirena dei bombardamenti degli alleati nelle orecchie di Adamello Borsi, 82 anni, uno di quei fantasmi ancora vivi: «Scattava anche due volte al giorno, noi correvamo giù, duemila tutti insieme. Ero un ragazzo, ma sapevo del pericolo che correva la fabbrica: era un obiettivo militare». Si scende soli, nel passato che riemerge alla luce della pila e dei sensi di colpa: la galleria-bunker proteggeva la vita di chi era indirettamente strumento di morte, chi produceva le munizioni per l' esercito fascista: «Si facevano proiettili, e quei proiettili poi avrebbero colpito qualcuno. Questo ci era chiaro. Ma per noi era lavoro: questa polveriera ha dato da mangiare a tutta la montagna, c' erano anche settemila operai durante la seconda guerra. Era la nostra fortezza». Campo Tizzoro ha un segreto nelle viscere: il più imponente sistema di rifugi antiaerei mai costruito in Italia. Un chilometro e mezzo di gallerie sotterranee, venti metri sotto il livello del suolo, i soffitti alti tre metri e trenta, sui fianchi le panche di legno per far sedere gli operai, in parte divelte, altre cariate dall' umidità, in fondo l' altare di pietra e il crocefisso di metallo, dalla parte opposta l' infermeria con i letti a castello divorati dal tempo e qualche brandello di tessuto, di fianco i bagni per gli uomini e per le donne, le docce per la decontaminazione. Sulle pareti si leggono ancora gli avvisi in stile fascista: obbedite prontamente agli ordini dei vostri capi senza costringere a misure di rigore, la disciplina è la migliore garanzia di salvezza. Un sistema perfetto, autosufficiente, attrezzato per resistere. Fu la Società Metallurgica Italiana, la Smi, a realizzare questo complesso bunker nel 1913, due anni dopo aver tirato su tra i monti tra Pistoia e San Marcello una delle fabbriche di munizioni più importanti d' Italia. I rifugi per gli operai e per gli abitanti di Campo Tizzoro stavano sotto la pancia della catena di montaggio: una cittadella inviolabile, rimasta intatta grazie al segreto militare che per anni ha protetto questo luogo, e uscita indenne da due guerre mondiali: «Non fu bombardata per motivi politici. Tutti sapevano che la fabbrica era qui e che era strategica» dice Franco Tognielli, 82 anni, che ci ha lavorato 23 anni e che può permettersi di ricordare. Oggi che il presente che sta sopra, lo stabilimento della Smi passato a Europa Metalli (stesso gruppo), lavora a scartamento ridotto dopo aver spostato su Fornaci di Barga gran parte della produzione, è il passato che sta sotto a chiedere la parola. «Questi tunnel sono un unicum in Italia, niente di paragonabile altrove: restaurarli e farne il fulcro di un itinerario storico, didattico e turistico sarebbe un trampolino per rilanciare l' economia di Campo Tizzoro e dell' intera montagna». Ne sono convinti quattro giovani architetti e uno storico, riuniti nel gruppo Hypogeum coordinato da David Ulivagnoli, ai quali si deve, insieme ad Antonio Mazzanti, presidente della Pro Loco di Campo Tizzoro, la riscoperta del bunker. «Tutti sapevano dell' esistenza di queste gallerie, ma nessuno in passato aveva mai concretamente fatto niente, non solo per valorizzarle, ma anche per vederle» dice Ulivagnoli, che è anche consigliere comunale ds di San Marcello Pistoiese, il Comune sotto cui ricade Campo Tizzoro. Tutti sapevano, anche perché gli ingressi alle gallerie sono assolutamente visibili dalla strada, la 66, che taglia il paese: colossali cupole ogivali di cemento armato, otto metri di altezza e cinque di diametro, piantate in mezzo ai capannoni. Monoliti a forma di proiettile (del resto la Smi quello faceva), con la punta rivolta verso il cielo e il resto sprofondato nel terreno, ad intersecarsi con i tunnel. Inquietanti, per il riferimento alla guerra così esplicito e oggi così incongruo, eppure di un certo fascino. «Belli, vero?» sospira qualche vecchio operaio che proprio a forma di ogiva ha modellato i cespugli davanti a casa. La scintilla per la riscoperta delle gallerie è venuta pochi mesi fa a Mazzanti, quello della Pro Loco, vedendo dei documentari di guerra in televisione: possibile, si è chiesto, che l' archivio dell' Istituto Luce non conservi niente su Campo Tizzoro che ebbe un ruolo così strategico durante la guerra? Infatti c' era: un filmato girato nel '40 all' interno della fabbrica. Uno di quei filmini molto simili ad altri di propaganda fascista in cui si mostrava l' efficiente organizzazione all' interno degli stabilimenti e nel Villaggio Orlando, costruito dalla famiglia fondatrice della Smi per ospitare operai, impiegati e dirigenti, uno dei rari esempi di città-fabbrica realizzati in Italia sulla spinta degli ideali utopistici di fine Settecento. Nelle immagini dell' Istituto Luce si vedono gli operai al lavoro, i giovani balilla che sfilano, e soprattutto le simulazioni di ricovero nel bunker in caso di attacco aereo. «Non è stato facile avere quel filmato, ma alla fine siamo riusciti ad acquistarlo e a ottenere dalla Smi il permesso di fare sopralluoghi nelle gallerie» dice Mazzanti. Da lì è partito un lavoro di ricerche storiche, architettoniche e sociologiche, sfociato nel progetto «Campo Tizzoro, utopia realizzata», presentato insieme al filmato un mese fa ai cittadini della zona di San Marcello in una serata affollata da più di cinquecento persone. «Ora che questo patrimonio è stato rivelato, ed è tutto sommato in buono stato, si tratta di valorizzarlo: fare di Campo Tizzoro un laboratorio di archeologia industriale con un progetto che comprenda non solo il bunker ma anche la creazione di un museo storico. E' necessario coinvolgere gli enti pubblici e gli imprenditori privati proprietari dell' area» dice Fabio Zucchi, uno degli architetti di Hypogeum. I soggetti, di cui il Comune sta saggiando la disponibilità, sono la Smi e il consorzio Cii che ha acquistato proprio dalla Smi 30 mila metri quadri di terreni e capannoni ora in ristrutturazione per ospitare attività industriali e artigianali: le gallerie scorrono sotto le loro proprietà. «Da entrambi abbiamo avuto segnali di interesse: la vocazione di Campo Tizzoro rimarrà quella industriale, come è da sempre, ma non può restare l' unica. Le gallerie e l' eventuale museo ci darebbero un' imperdibile opportunità per rilanciare il turismo in chiave culturale e didattica» insiste Moreno Seghi, sindaco di San Marcello. Una possibile svolta, per questo paesino di ottocento abitanti che teme di aver imboccato il viale del tramonto: il suo destino è da sempre legato a quello della Smi, che lo ha fatto nascere nel 1911 in un taglio di montagna dove prima non c' era niente, e che oggi, spostando altrove il centro di alcune lavorazioni, lo costringe a una fase di riconversione. Cambiare pelle non sarà possibile, Campo Tizzoro non ha che cento anni di storia da offrire, non possiede chiese medievali né borghi antichi da mostrare ai turisti, ma la vocazione industriale cui è condannata si può contaminare, addolcire con qualcosa di diverso: a Limestre, altra roccaforte Smi a pochi chilometri da qui, sta già succedendo. Su un terreno del gruppo, dove c' è uno stabilimento dismesso dall' 84, sorgerà il villaggio di Paul Newman per i bambini affetti da gravi malattie. Il villaggio, frutto della partnership tra la fondazione «Hole in the wall» dell' attore e la Fondazione Dynamo che fa capo al finanziere Vincenzo Manes della Intec che possiede il 30 per cento del gruppo Smi, aprirà nel 2007. Newman è stato qui sulla montagna poche settimane fa, chissà se passando per Campo Tizzoro e vedendo quel monolite a forma di proiettile si sarà chiesto: what is that?
- CLAUDIA RICONDA