La poesia seguente è opera di Sergio Corazzini, giovanissimo poeta morto di tisi il 18 giugno 1907, all’età di venti anni. Tipografia abbandonata è uno spassionato connubio tra luogo-visitatore-emozione. L’autore entra in un luogo oscuro, ed è soggetto a quegli interrogativi che spesso anche noi esploratori ci chiediamo. Si aggira nella tipografia abbandonata nel luminoso pulviscolo generato dalla bellezza del sole che penetra in un luogo così angusto e vivo grazie ai ragni che ne occupano lo spazio. Ma non solo. Le lettere del tipografo sono quegli oggetti-tramite che tessono un dialogo tra il poeta e la tipografia stessa: raccontano della loro vita e del loro mestiere, e nello stesso tempo usano la sensibile mente di Corazzini per farsi ricordare al lettore, che leggendo questa poesia, troverà certamente significati dalle palpitanti emozioni.
La tipografia abbandonata
'Quale mano pietosa
Quale mano operosa,
Lo spiraglio breve, aprì?
Non lo so. Entrò il sole:
Una festa di pulviscoli
D’oro, e i caratteri morti,
Che composero parole
E che fecero piangere
I deboli ed i forti,
E che fecero ridere
Tante bocche di rosa,
I caratteri tutti illuminò.
De la sua luce meravigliosa.
Le lettere fremettero
Alla improvvisa gioia,
E nel silenzio della lunga camera
Ove i placidi ragni,
Artefici sottili di sottili
Trame ogni dì morivano di noia; ove era nata,
Su tanti oggetti umili;
Polvere immensa, come se il suggello
Suo ci volesse all’opra abbandonata
Da umani che fatica rese vili,
Nel silenzio le lettere si unirono,
Composero parole, versi, canti
Interi per quel sole tanto bello
E tanto buono, per quel sole che i pianti
D’una lunga tristezza, avea asciugato
Col suo raggio divino
Col suo raggio infuocato.
…
E le trame di seta infransero
E si sperse nell’aria la polvere…
O sole!
Dicevano le parole,
i versi e i pianti: O pio sole,
Anche noi siamo amate da te.
Tu ci vieni a trovare
Vieni ad illuminare
Con la tua dolce luce
Noi povere sorelle…
Oh quante volte, nelle
Mani degli uomini vivi
Abbiamo composto la morte!
E i pianti, e le angosce, e il dolore
Che infrange il cuore,
E le lagrime a rivi,
E il riso folle dei felici…
Noi, così fredde, abbiamo
Composto più di un bacio appassionato;
Così piccine abbiamo
Più di un immenso amore rovinato
Quando ci dividevamo
Poi che l’ultimo bacio era stampato…
…
Oh, ma tu fuggi, o sole!
Ritornerai domani?
O ci abbandono come già li umani
Ci abbandonarono?...
Dicon le cose: è sera,
Dicon le stelle: è notte|
E solitaria e nera
Torna la stanza, a frotte
Tornano i ragni nelle tele loro,
Torna a regnar la polvere
Là dove un giorno vi regnò il lavoro.'
da Marforio 19 marzo 1903
Nella fotografia il sole penetra nella fabbrica polverosa. Adesso come allora.