Una donna internata in manicomio perchè pericolosa, non matta. gridava una verità scomoda, amante di Mussolini, madre di suo figlio e forse moglie legittima...questo era ciò che lei gridava...durante una dittatura in cui i manicomi erano regolati da organi statali in mano al regime fascista...
Ida Dalser nacque in provincia di Trento, studiò a Parigi e si trasferì a Mialno per lavorare. Li conosce e si innamora di Mussolini. In molti dicono fossero spasati, nessun documento, ma il comune riconoscette alla Dalser un sussidio di guerra...in quel periodo da alla luce il loro figlio Benito Albino risonosciuto da Mussolini che poi durante la guerra sposò civilmente Rachele Guidi. L'ascesa di Mussolini inziò...ma lui dovette fare i conto con lei...una donna impulsiva e testarda che non si rassegna alla perdita dell'uomo che ama...inizi così una battaglia ad armi poco pari, lei scrive lettere...e viene sorvegliata e seguita ovunque.
Viene poi prelevata a Treno mentre cerca di incontrare un ministro per gridare ancora la sua verità, portata in questura, visitata da un dottore che la ritiene mentalmente instabile e trasportata d'urgenza al manicomio di Pergine. Scrive una lettera..."Alle 5 del mattino sono arrivata a Pergine cadaverica, svenuta: Varcato il portone svenni. M'hanno piombato in un apuzzolentissima cella, chiusa a catenaccio, senz'aria che chiedevo per pietà. ero fra i pazzi, fra urla demoniache".
Questa lettera non uscirà dal manicomio come molte altre. Nessuna lettera, visita da famiglia e nemmeno dal figlio... Scrive "Non satura l'infermiera di avermi legato mani e piedi applicandomi le torture del medioevo m'ha imbaccuccata la testa con le coperte di lana nella quale svenni soffocata. Senza aiuto, poichè l'ordine era così. Mille volte la fucilazione nella schiena piuttosto che vivere tormenti senza pace".
Dopo un afuga la Dalser viene di nuov catturata e portata nel manicomio San Clemente di Venezia dove il trattamento era anche peggiore, morù due anni dopo per emorragia. Poco prima di morire scrisse, " Mi dibatto da dieci mesi fra stenti e dolori inauditi...in una miserabile cella...un vitto intollerabile...mai una passeggiata e un raggio di sole, qui non v'è apparecchi elettrici con motore per le inalazioni e la cirolazione del sangue, c'è la camicia di forza i e covili in cui accettano le persone sagge per renderle folli".
Benito Albino non ha una fine migliore, gli venne tolto il cognome Mussolini e internato in un manicomio di milano, dove morì a 26 anni dopo un decadimento fisico estremo.