Quando la terapia psichiatrica era il lavoro: il caso del frenocomio di Volterra
Verrà presentato quest'oggi presso la sala consiliare della Provincia di Pisa, "Le officine della follia" (Ets Edizioni) di Vinzia Fiorino. Storia dell'ospedale psichiatrico di San Girolamo a Volterra, connotata sin dalla sua origine dall'ergoterapia. All'interno della struttura i degenti coltivavano, fabbricavano, producevano. Poi la dismissione dopo la legge Basaglia
Alle 17.30 di oggi, presso la sala consiliare della Provincia di Pisa in piazza Vittorio Emanuele II, Silvia Pagnin, Assessore alla Cultura della Provincia di Pisa, Massimiliano Casalini, consigliere provinciale di Sel e Roberto Cappuccio, psichiatra psicoterapeuta pressenteranno il volume realizzato da Vinzia Fiorino ed edito da Ets "Le officine della follia. Il frenocomio di Volterra (1888-1978)".
Esperienza tutta novecentesca, il frenocomio - poi ospedale psichiatrico - di San Girolamo di Volterra è stato connotato dalla terapia del lavoro: al suo interno si coltivava, si fabbricava, si produceva. Le officine, però, rappresentano anche una metafora: accaparrarsi fette sempre più importanti di un incredibile mercato, quello dei soggetti in esubero dei vari manicomi italiani. Mantenere alto il numero dei degenti era, infatti, una paradossale finalità della logica manicomiale del tempo.
La ricerca condotta da Vinzia Fiorino si dipana attraverso un itinerario che interseca il profilo istituzionale con i modelli culturali che hanno legittimato aspetti e momenti importanti della vita dell'istituto: l'opera e le idee del direttore Luigi Scabia, la sua impresa "coloniale" in Libia, le nevrosi di guerra dei tanti soldati traumatizzati dal primo conflitto mondiale, le terapie da shock, la gestione dei "folli prosciolti" della sezione giudiziaria.
"Interrogandomi sui modelli culturali - scrive Vinzia Fironi nell'introduzione al libro - che hanno sostenuto e legittimato l'ergoterapia, oltre agli aspetti più strettamente medici e di bieca utilità e sfruttamento, essa mi è parsa un tassello di un più ampio modello antropologico incentrato su una serie di valori morali e su un preciso ordine culturale e sociale".
La complessa e originale vicenda della dismissione dell'istituto ci spinge infine a un confronto con i valori della nostra umanità, mentre sullo sfondo resta il confine forte, anche se più sottile di altre realtà, tra la comunità e il suo manicomio.
"Inserendosi pienamente nel movimento che a partire da Gorizia ha portato alla chiusura delle istituzioni manicomiali in Italia - spiega ancora la Fiorino - la dismissione dell'ospedale di Volterra è stata una vicenda importante, condivisa dalla cittadinanza e con molti tratti di originalità".
La storia dell'ospedale psichiatroco di Volterra è molto spesso legata all'opera di uno dei suoi lungodegenti, Oreste Fernando Nannetti, in arte Nanof, che con la fibbia della sua cintura ha realizzato un'opera di intensa e misteriosa belleza, un graffito sulla facciata di uno dei padiglioni. Di questo Vinzia Fiorino ha preferito non riportare nel suo lavoro: "Avrebbe meritato uno spazio ad hoc, ma soprattutto è un modo per esprimere tutto il mio rammarico e il disappunto per chi ha lasciato che quest'opera venisse in gran parte regalata al vento e alle calamità naturali".
Vinzia Fiorino è ricercatrice di Storia contemporanea all'Università di Pisa. Si è occupata di storia politica delle donne in Italia e in Francia, di storia delle amministrazioni locali, di storia sociale e culturale del sapere psichiatrico. È socia fondatrice del Centro interuniversitario di storia culturale e fa parte della redazione di «Genesis. Rivista della Società italiana delle Storiche».
IL TIRRENO 4/6/2012