Osservo, scruto e esamino attentamente, fisso lo sguardo su un punto poi lo sposto su un altro, contemplo e ammiro ma mi conosco, sono condizionata da ciò che è stato e non posso “entusiasmarmi” per il luogo. Lo biasimo, lo disapprovo.
Ammiro la foto col suo aspetto diverso in ogni parte, più soffice nelle calde sfumature e più ruvido là dove la luce appare più fredda.
E, se per vedere allo stesso modo in cui ha visto la fotocamera, il fotografo ha dovuto controllare tutti i sensi ad eccezione della vista, io che la guardo dò libero corso a stimoli e sentimenti e ascolto le mie sensazioni.
Vedo. Muri scrostati e stanze misteriose, pavimenti deteriorati e logori, finestroni sbarrati a fortificare quelle mura, a segregare sofferenza e disperazione, martirio e passione.
...Folle sogno...o...sogno folle...o sogno dei folli?… I sogni sono momenti folli.
Ma i folli, sognano?
Si, anche la psichiatria si è interessata dei sogni dei pazienti per cercare di rendere i sogni sognabili nel momento in cui si trovavano ad essere nascosti e negati, perché i sogni sono quelli sognati, quelli esplicitati, espressi, manifesti.
I manicomi erano luoghi nei quali si “curava” il disagio psichico e forse, nel significato onirico, si poteva differire ad uno spazio di cura ai propri malesseri mentali generati dalla difficoltà di comprendere ciò che spesso non ha risposta. I matti sono stati prigionieri dei loro sogni?
Ho guardato persone sedute nei viali dei manicomi a fissare un niente, intorpidite dal sole e assenti da quanto attorno...forse immersi nel sogno...mi chiedevo...chissà che cosa sognano? La loro vita, le loro idee, le insofferenze, le carezze, il loro passato?...
Evviva...perlomeno i sogni non si possono rubare!...
Oggi, farai vedere a tanti occhi questo luogo che è stato della sofferenza, del travaglio, del martirio. Ma i sogni li potranno vedere solo con la mente, concepire con la fantasia, inventare...
Guardate in silenzio...non svegliate i loro sogni!...