Bruno Caruso: Manicomio 1969
In questo periodo di fermo forzato, nonostante il lavoro mi abbia assorbito tanto tempo, ho cercato di utilizzare il restante in maniera costruttiva e, sollevando gli occhi quasi al soffitto, cioè sino all’ultimo ripiano della libreria, ho avuto voglia di modificare un poco l’ordine dei libri. Forse era più il desiderio di riaverli tra le mani, ripercorrerli visivamente. E così che il libro che propongo si è fatto avanti tra tanti. “Manicomio” di Bruno Caruso.
Caruso è stato un pittore, disegnatore e incisore siciliano, nato nel 1927, un grande pittore del novecento. Di questo libro, che contiene 20 disegni, ne stampa solo 500 copie di cui 99 comprendenti un’acquaforte originale numerata da 1 a 99 e da lui firmate. Nel 1969 viene editato da le Edizioni Della Colonna Infame. E’ un libro abbastanza raro.
Uomo molto colto, intelligente e complesso, nelle sue opere ha parlato di natura, di fatti di storia e di politica, anche se ha assunto il vero senso della lotta con la straordinaria sequenza di immagini grottesche e bizzarre, deformi e strane fatte di segni e colori nella interessante serie sul manicomio, certamente a voler rimarcare il suo impegno di lotta civile e nel voler far conoscere al mondo la condizione di quei pazienti rinchiusi nell’ospedale psichiatrico.
Le opere pubblicate in “Manicomio”, sono state esposte la prima volta a Londra alla A. Jeffres Gallery nel 1955, poi a Roma alla Galleria dell’Obelisco, al Centro delle Arti di Grossetto, alla Galleria Il Gabbiano di Roma, alla Galleria dell’Incisione di Milano, opere che oggi appartengono a privati cittadini come Sciascia, Bellocchio, Tognazzi ecc.
Questa è la storia: nel 1953 iniziò a lavorare per circa quattro anni nella Real Casa dei Matti a stretto contatto con medici e ammalati con l’intento di poter documentare non solo la condizione all’interno di esso ma anche cosa lì dentro accadeva. Si avvalse dello strumento del disegno come possibilità di espressività in un ruolo terapeutico.
Camicia di forza 1953
All’interno del manicomio il lavoro si svolgeva in équipe dove i malatti, ripartiti per categorie, disegnavano nel tempo su temi precedentemente assegnati che poi venivano esaminati e classificati dai medici, col supporto dell’artista, per verificarne stasi o miglioramenti. L’acquistare la piena consapevolezza della realtà che in quegli anni aveva vissuto, gli fecero prendere coscienza che il manicomio era un mezzo di repressione verso l’irregolare e da questa presa di coscenza ne scaturì un peso psicologico importante.
La presa di coscenza della grave deprivazione ben presto si tramuta in peso. L’osservazione quotidiana e la condivisione dell’abitare quel luogo tra malati legati o spesso rinchiusi nelle camere di contenzione, fa manifestare e vivere l’orrore che lì in quel luogo abitava, vivendolo con un senso di colpa e di complicità, come una partecipazione criminosa e moralmente riprovevore seppur involontaria, ma che si configurò come un massacro emotivo.
Decine e decine di disegni raccolti tra il 1953 e il 1956 … lo straordinario ciclo dell’Ospedale Psichiatrico...
...”il complesso di persecuzione cresce proprio là dove la persecuzione esiste realmente, nella rapacità della libera iniziativa, nello schiacciamento del più debole e del più fragile, nel soffocamento sistematico della società dei consumi, nella repressione classica che lo stato organizza per chi esce dal binario”...Parole molto dure quelle di Bruno Caruso, di impegno e di coscienza, di contestazione e di resistenza...
...“L’alienato mentale” viene rinchiuso se si ribella a viverein una società pseudo-ordinata, pseudo-civilizzata che si riconosce esplicitamente nevrotica, alienante e squilibrata, e nella quale gli squilibri prima ancora che essere psichici sono economici, sociali, razziali…
I disegni utilizzati come strumenti di denuncia, ritraggono gli internati legati nella camicia di forza, legati al letto di contenzione, rappresentati in uno sguardo sperduto o nell’urlo dell’elettroshock. Noi, spettatori del dolore di quelle persone, private e denudate per una doccia fredda o per una punizione. Oggi, dopo tempo, torno a soffermarmi su quelle immagini e non vedo persone gimnofobiche, non vedo più un corpo nudo, ma piuttosto vedo una nudità emotiva, l’apparire di un corpo senza spirito, un soggetto privo di energia. Non riesco a vedere un nudo artistico ma un nudo emotivo anche se tutte le opere di Bruno Caruso si riconducono al repertorio iconografico della grande storia dell’arte.
Punizione 1954
Indubbiamente ancora una volta ho ricreato un legame con l’autore, con i protagonisti dei disegni perchè ancora una volta il coinvolgimento emotivo ha suscitato nel mio guardare nuova commozione o forse nuovi turbamenti. E’ accaduto di aver creato un nuovo legame con l’autore perché identificandomi con i suoi desideri ho sostenuto i miei stessi desideri esistenziali. Non ho ripreso in mano il libro senza provare nulla. Sono convinta che i libri ci diano l’opportunità di vivere altre esistenze oltre la nostra.
Con un altro libro pubblicato nel 1975, Caruso ritorna a narrare un’altra sequenza compiuta all’interno dell’ex Ospedale Psichiatrico Pisani di Palermo con l’introduzione di Franco Basaglia.