Mi piace ricordare questa data, 13 maggio 1978, in cui il il Parlamento Italiano approvava la Legge 180, o Legge Basaglia, con la quale legge, Basaglia, si impegnò nel compito di riformare l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale che vedeva il superamento della logica manicomiale.
Questo periodo di isolamento forzato che ha visto più di 3milioni di persone nel mondo rinchiuse nelle proprie abitazioni, ha determinato in ognuno uno stato di sofferenza, una sofferenza nuova, alla quale abbiamo reagito trovando molteplici strategie. Ci siamo adattati reinventando lo spazio domestico, affrontando lo stress creato dalla nuova condizione e impegnandoci in attività che potessero darci il convincimento di vivere una normale quotidianità.
Ma noi “normali” possediamo i “mezzi” di adattamento. Rifletto sul fatto che circa 800mila italiani sono seguiti nei Dipartimenti di Salute mentale (senza essere rinchiusi nei manicomi). Rifletto sul fatto che con la chiusura dei centri di salute mentale in questo periodo si è sospesa l’attività ordinaria per la mancanza soprattutto di dispositivi di sicurezza. E allora penso a tutte quelle persone che non hanno potuto accedere ai centri diurni o alle attività ambulatoriali, rinchiuse in casa da sole con i propri deliri, le proprie paure, il panico acutizzato dall’isolamento e dalla mancata di possibilità di relazioni.
E allora in questo giorno di ricorrenza di una legge che avrebbe impedito per sempre l’esistenza dei manicomi, ho avvertito quelle case impregnate di sofferenza, vissute come piccoli manicomi domestici. Ma questo virus è maledetto e l’allontanamento personale necessario... e allora forse, sarebbe necessario pensare di affidare maggiore attenzione e più risorse per l’assistenza psichiatrica. Perché una simile condizione non abbia a ripetersi. Perchè per loro la detenzione significa morte. E Basaglia non avrebbe voluto ciò.