ARRIVERA' LA PRIMAVERA

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13/03/2020 01:35:37
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ARRIVERA' LA PRIMAVERA

C’è stato un attimo in cui ho realizzato che la situazione stava diventando critica. Come quando il 6 marzo su Esplorazioniurbane si è deciso di pubblicare il primo comuncato a seguito del Decreto Ministeriale in cui, per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus, si individuavano misure restrittive da adottare per unItalia divisa in due, zona rossa e zona gialla, dove anche la visita all'ex Manicomio di Volterra, poteva essere a rischio. Poi un secondo Decreto, a due giorni di distanza, in cui l’Italia si riunisce, con ulteriori urgenti disposizioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica. Misura destinata a tutta l’Italia. Realizzavo che la situazione diventava sempre più critica, tanto da sospendere qualsiasi tipo di manifestazione, questa volta destinata appunto a tutto il territorio nazionale. C’è stato poi l’attimo in cui la mia percezione diventava consapevolezza, consapevolezza della gravità di quanto ci stava attraversando. E ancora altri Decreti con misure sempre più restrittive. Ho avuto il convincimento che vivere in un’isola in queste situazioni, poteva dare maggiore garanzia di circoscrivere questo dannato virus ma anche la consapevolezza che saremo stati davvero isolati, irragiungibili. Aeroporti e porti chiusi. L’esercito che presidia i confini. Sono stata un poco in confusione perchè non avevo del tutto realizzato che nessuno avrebbe potuto varcare i propri confini. Oggi nessuno può varcare la propria abitazione se non per pochi e validissimi motivi.

Non sono stata un’allarmista della prima ora, convinta che forse si stava creando un clima di tensione. C’è stato un attimo e poi un altro ancora. Poi ho vissuto velocemente la trasformazione della città, la trasformazione del posto di lavoro, la difficoltà a svolgere la prorpia quotidianità lavorativa. Recandomi a lavoro potevo constatare la città vuota e pochissime persone per strada e un senso di grigiore e solitudine hanno iniziato ad attanagliarmi. A lavoro la situazione non è stata meglio, neppure tra le persone che sino a qualche giorno prima si era stati soliti condividere tanti momenti , saluti mattutini, pausa caffé, pausa pranzo e tanto ancora. Tutto svanito e le misure di distanza adottate hanno iniziato a mettere in rilievo uno stato di timore mascherato dalla incredulità di quanto, giorno dopo giorno siamo stati costretti a mettere in pratica.

Dal paziente numero uno, abbiamo progressivamente ridorro i contatti, perché alla sola idea di poter ipotizzare di vedere una persona anche a debita distanza, faceva emergere alla mente mille domande: che vita avrà condotto questi giorni, si sarà lavato le mani, alla cassa sarà stato incollato alla persona precedente come se non sapesse quanto è lungo un metro e che quel metro è la misura del contaggio, cioè la distanza tra salute e malattia.

Ancora adesso mentre scrivo, sto vivendo in maniera non reale il tempo: racconto gli accadimenti di due o tre giorni addietro e mi pare di ritornare indietro di mesi. Ieri 11 febbraio è stato l’ultimo giorno in cui mi son recata a lavoro: le strade vuote, negozi chiusi e nessuno per strada, solo poche persone in rigorosa fila fuori dai market. Ho incominciato a sentire la solitudine e ho realizzato che chissà per quanto tempo avrei vissuto questa condizione. Da oggi a me ed altri colleghi ci è stato autorizzato lo smart working o lavoro leggero o telelavoro. Presupposto per cui adesso veramente regna in me la solitudine. Ma in fondo non è neppure vero. Basta accendere la tv e non sono più sola. Questa volta  mi trovo davvero incollata instancabilmente a seguire tutti I telegiornali, gli speciali, i dibattiti, i comunicati ...Lombardia, oggi 65 persone in più in terapia intensiva...Bergamo senza medici e infermieri…Coronavirus, i numeri dei paesi più colpiti dalla pandemia...Mi sveglio nel cuore della notte al rumore di un vociare, è la tv che è rimasta accesa dopo un colpo di sonno dato dalla stanchezza e dalla tensione emotiva. Il clima è surreale e mi chiedo se davvero sta accadendo tutto ciò? In quale film mi trovo? Voglio cambiare canale, non mi piacciono questo genere di trame! Ma è realtà e mi fa paura. Sento che gli ospedali sono al collasso e sempre più persone sono messe in quarantena.

E allora che nel cuore della notte penso alle persone che mi sono care che stanno al centro della pandemia, quelle persone che ossessivamente tormento con messaggi di richiesta di rassicurazione conscia di innescare attimi d’ansia. Penso a tutte quelle persone che lottano in rianimazione, lottano per la vita. Risento l’appello di quel medico che urla “aiutateci, abbiamo bisogno di tutti voi, ossevate le direttive, siamo allo stremo!. Non posso dimenticare neppure quell’infermiera che allo stremo delle forze si è accasciata sulla tastiera per ”un attimo di riposo”. Significativo il messaggio delle sanitarie che in un cartello hanno scritto: #IORESTOINCORSIA #TURESTAACASA. Ulteriore richiesta d’aiuto. E’ necessario contenere il contaggio e lo conteniamo cambiando le nostre abitudini. Ci chiedono di restare a casa, limitare gli spostamenti, uscire solo se strattamente necessario. Quelli che stiamo vivendo sono giorni difficili in cui abbiamo sconvolto la quotidianità , abbiamo cambiato le abitudini in pochissimo tempo in maniera drastica. Io come tutti sono a casa, rispetto le regole anche se pesanti. Il coronavirus rappresenta una minaccia da cui ci sentiamo indifesi che mina la nostra sicurezza in maniera profonda. Le misure drastiche prese in questi giorni con la chiusura di scuole, chiese, musei, sospensione di eventi, riducono la nostra libertà e ci condizionano nel quotidiano. Ciò ci rendende in qualche modo fragili ma tutto è essenziale.

La nostra grammatica della vicinanza ci ha regalato la coscienza dell’affetto che ci circonda, della capacità di emozionionarci, della possibilità di essere solidali. Oggi tutto ci manca ma l’emergenza passerà e tutto poi tornerà meglio di prima. Voglio pensare che tutto andrà bene. E quella nostra grammatica della vicinanza, ci regala ancora la consapevolezza che non siamo soli, non sono sola. Oggi siamo un grande popolo unito senza distinzioni di nessun genere che sta rispondendo all'emergenza in maniera compatta. C’è qualcuno che sta lottando per tutti noi con coraggio sconfinato e in modo instancabile, sto parlando dei medici, infermieri e di tutto il sistema sanitario che, senza farsi travolgere dalla paura, lotta in prima persona per salvare più vite, restituire speranza e ritrovare positività. Tutti insieme vinceremo e allora riprenderemo ad uscire per strada, senza mascherine o disinfettanti. Potremo finalmente riabbracciarci senza dover mantenere le distanze. Torneremo ad assaporare la primavere ed ammirare I suoi fiori. Torneremo ad assaporare la libertà. Torneremo a vivere la vita!