E’ strano Leonardo Vitale. Si isola spesso. Ogni tanto balbetta. Ha paura del buio. Ha serie difficoltà a fare l’amore con Anna, la sua fidanzata. Viene arrestato la prima volta, il 17 agosto 1972, come sospettato autore del sequestro Cassina. Leonardo durante l'interrogatorio crolla, si mette persino a piangere. Continua a ripetere che lui non c'entra niente ed inizia a fare nomi e cognomi. Dopo 43 giorni di cella di isolamento viene rilasciato, ma tornato a casa è depresso, impaurito. Non vuole vedere nessuno e per venti giorni non spiccica una parola. Malgrado le cure di madre e sorella, Leonardo peggiora di giorno in giorno. Alterna la depressione alla paura. Sta sempre a spiare alla finestra e sussulta a ogni rumore. E’ convinto che stiano per venire a ucciderlo.
Poche settimane dopo Vitale viene internato in una clinica psichiatrica...
Un anno dopo, il 30 marzo del '73, Leonardo insiste con il commissario di essere un assassino. Dice che ha ritrovato la fede in Dio e deve confessare per salvarsi l'anima. In una specie di delirio mistico, chiede persino un sacerdote e confessa che suo zio Titta, l'aveva abituato a uccidere, sottoponendolo a prove sempre più crudeli per farne un vero uomo, un uomo d'onore. Leonardo riempie ben 50 cartelle, raccontando fatti e misfatti della mafia negli ultimi decenni. Elenca i responsabili di centinaia di delitti, e tutti i nomi dei costruttori edili collusi con Cosa Nostra. Redige l'organigramma di tutte le cosche di Palermo, dai picciotti ai capi decina, dai capi mandamento ai capi regione, e persino le loro zone territoriali e le attività economiche. La polizia effettua una trentina di arresti, tra cui alcuni nomi eccellenti. Poi succede qualcosa di inaspettato. Vitale comincia a vacillare. In cella, brucia i suoi vestiti perché acquistati con soldi sporchi. Con un pezzo di vetro si incide una croce sul petto.
In aula si presenta con un rosario in mano e comincia a dare spettacolo: lo vogliono pazzo, ebbene, lo sarà!
Dice di non ricordare nulla, di non sapere nemmeno cosa sia la mafia. Gli psichiatri e il giudice sono sconcertati, sospettano che sia tutto una messa in scena. Non sanno che il giorno prima dell'udienza, la signora Rosalia è andata a trovare il figlio per comunicargli che il suo amatissimo cugino Totò è stato ammazzato. Per Leonardo comincia il calvario. Ora teme per la sorte della madre e della sorella. Ha persino paura di essere ucciso in carcere. Cade nuovamente in depressione e in stati di angoscia confusionale. Leonardo si sente solo, isolato e soprattutto incompreso. Solo Rosalia Vitale e pochi altri hanno capito che è proprio questo che "loro" vogliono.
Non lo vogliono morto, perché la morte di Leonardo rafforzerebbe soltanto le sue accuse.
Lo vogliono folle. Perché solo un folle può tradire la mafia, visto che per la legge non è attendibile.
Per ben otto volte, Leonardo è sottoposto all’elettroshock.
Ogni volta si sveglia più confuso e intontito.
Zoppica, balbetta, è diventato irriconoscibile.
All’ennesimo interrogatorio Leonardo ricomincia come una litania l’elenco di dichiarazioni cui nessuno sembra voler credere.
Sul suo sorriso una scritta ci informa che dopo undici anni di manicomio criminale tornerà in libertà nel 1984.
Pochi mesi dopo viene freddato da un sicario con 5 colpi di pistola.