Yosto Randaccio, La chiesa abbandonata
Luogo e uomo si completano nell’infinita agonia dell’incertezza e della malattia. Yosto Randaccio, autore de ‘Poemetti della convalescenza’ (1909), pubblica la poesia la chiesa abbandonata sulla rivista Vita Letteraria il 1 settembre 1905. Fratello di Giovanni Randaccio, l’eroe del Timavo, il giovane Yosto (di origine sarda) frequentò gli insegnamenti universitaria e la vita letteraria di Roma durante la giovinezza. Poeta relativamente sconosciuto, profondamente influenzato dalla poetica di Corazzini, lascia in eredità soltanto le 41 pagine della sua opera Poemetti della convalescenza. Tra queste, la chiesa abbandonata di cui riporto il testo come simbolo del connubio tra abbandono concreto e spirituale in un luogo che non sarebbe lecito far decadere. La simbiosi tra luogo di culto ed essere umano è tanta: il pericolo del crollo, dell’oblio di luoghi grandiosi e, come la nostra anima, sempre più incline a perdersi o ad essere assassinata per credenze religiose.
CHIESA ABBANDONATA
Chiesa bianca solitaria,
sopita nel sogno de l'aria.
E le buone preghiere?
E le anime salmodianti,
e gli organi tuonanti
nel mistero de le sere?
Sento che spira un triste vento
d'esulamento.
Per dove? il mio cuore non sa,
anima de l'eternità.
La nostra tristezza chi la porta?
Quale gigante s'affatica
ne la lotta infinita
che non terminerà?
Tu pure sei morta!
Non lo senti stasera
nel vuoto di questa navata
desolata,
non lo senti questo vento
d'esulamento,
queste grida di suicida?
la chiesa abbandonata
Elvira Macchiavelli