Il segreto di Campo Tizzoro

Il segreto di Campo Tizzoro un bunker sotto la Storia                               

  Un bunker. Un sistema di gallerie sotterranee antiaeree, lunghe  un chilometro e mezzo, costruite nel 1913 sotto lo stabilimento  della Smi per proteggere gli operai da eventuali attacchi:  è il segreto che custodisce, a venti metri di  profondità, Campo Tizzoro, un piccolo paese della montagna  pistoiese. Un unicum in Italia, quel bunker, rimasto indenne dai  bombardamenti della seconda guerra mondiale e inviolato dal  segreto militare che proteggeva la fabbrica di munizioni. Lo  abbiamo visitato insieme al gruppo di architetti che ha fatto un  progetto per riscoprirlo e valorizzarlo in chiave turistica e  didattica. «Siate calmi. In queste scale avete già  un riparo». Non è vero: non si è mai al  riparo dal passato. Anche se ha la voce della ruggine e le pareti  macchiate di umidità, il passato non ci dimentica. Impone  i suoi ritorni, sollecita risposte a domande sospese. A volte  siamo noi a chiamarlo, perché sveli il segreto che chiude  il conto. Siate calmi, dice la scritta all' ingresso del bunker,  ma è tardi: la porta blindata è l' inizio del  vortice, un' elica di cento gradini ci precipita nella Storia.  Cemento che rigurgita ferro, vecchie lampadine sfocate, depositi  di maschere antigas, una cappella per pregare, Dio non farci  bombardare. E' tutto come allora, il freddo e la paura, come  allora. A venti metri sotto terra, sessant' anni fa sembrano  sessant' anni adesso. Si sprofonda soli, in questa spirale di  scale, in mezzo a una folla di fantasmi in tuta da operaio. L'  ombra della guerra a ogni passo, la sirena dei bombardamenti  degli alleati nelle orecchie di Adamello Borsi, 82 anni, uno di  quei fantasmi ancora vivi: «Scattava anche due volte al  giorno, noi correvamo giù, duemila tutti insieme. Ero un  ragazzo, ma sapevo del pericolo che correva la fabbrica: era un  obiettivo militare». Si scende soli, nel passato che  riemerge alla luce della pila e dei sensi di colpa: la  galleria-bunker proteggeva la vita di chi era indirettamente  strumento di morte, chi produceva le munizioni per l' esercito  fascista: «Si facevano proiettili, e quei proiettili poi  avrebbero colpito qualcuno. Questo ci era chiaro. Ma per noi era  lavoro: questa polveriera ha dato da mangiare a tutta la  montagna, c' erano anche settemila operai durante la seconda  guerra. Era la nostra fortezza». Campo Tizzoro ha un  segreto nelle viscere: il più imponente sistema di rifugi  antiaerei mai costruito in Italia. Un chilometro e mezzo di  gallerie sotterranee, venti metri sotto il livello del suolo, i  soffitti alti tre metri e trenta, sui fianchi le panche di legno  per far sedere gli operai, in parte divelte, altre cariate dall'  umidità, in fondo l' altare di pietra e il crocefisso di  metallo, dalla parte opposta l' infermeria con i letti a castello  divorati dal tempo e qualche brandello di tessuto, di fianco i  bagni per gli uomini e per le donne, le docce per la  decontaminazione. Sulle pareti si leggono ancora gli avvisi in  stile fascista: obbedite prontamente agli ordini dei vostri capi  senza costringere a misure di rigore, la disciplina è la  migliore garanzia di salvezza. Un sistema perfetto,  autosufficiente, attrezzato per resistere. Fu la Società  Metallurgica Italiana, la Smi, a realizzare questo complesso  bunker nel 1913, due anni dopo aver tirato su tra i monti tra  Pistoia e San Marcello una delle fabbriche di munizioni  più importanti d' Italia. I rifugi per gli operai e per  gli abitanti di Campo Tizzoro stavano sotto la pancia della  catena di montaggio: una cittadella inviolabile, rimasta intatta  grazie al segreto militare che per anni ha protetto questo luogo,  e uscita indenne da due guerre mondiali: «Non fu bombardata  per motivi politici. Tutti sapevano che la fabbrica era qui e che  era strategica» dice Franco Tognielli, 82 anni, che ci ha  lavorato 23 anni e che può permettersi di ricordare. Oggi  che il presente che sta sopra, lo stabilimento della Smi passato  a Europa Metalli (stesso gruppo), lavora a scartamento ridotto  dopo aver spostato su Fornaci di Barga gran parte della  produzione, è il passato che sta sotto a chiedere la  parola. «Questi tunnel sono un unicum in Italia, niente di  paragonabile altrove: restaurarli e farne il fulcro di un  itinerario storico, didattico e turistico sarebbe un trampolino  per rilanciare l' economia di Campo Tizzoro e dell' intera  montagna». Ne sono convinti quattro giovani architetti e  uno storico, riuniti nel gruppo Hypogeum coordinato da David  Ulivagnoli, ai quali si deve, insieme ad Antonio Mazzanti,  presidente della Pro Loco di Campo Tizzoro, la riscoperta del  bunker. «Tutti sapevano dell' esistenza di queste gallerie,  ma nessuno in passato aveva mai concretamente fatto niente, non  solo per valorizzarle, ma anche per vederle» dice  Ulivagnoli, che è anche consigliere comunale ds di San  Marcello Pistoiese, il Comune sotto cui ricade Campo Tizzoro.  Tutti sapevano, anche perché gli ingressi alle gallerie  sono assolutamente visibili dalla strada, la 66, che taglia il  paese: colossali cupole ogivali di cemento armato, otto metri di  altezza e cinque di diametro, piantate in mezzo ai capannoni.  Monoliti a forma di proiettile (del resto la Smi quello faceva),  con la punta rivolta verso il cielo e il resto sprofondato nel  terreno, ad intersecarsi con i tunnel. Inquietanti, per il  riferimento alla guerra così esplicito e oggi così  incongruo, eppure di un certo fascino. «Belli, vero?»  sospira qualche vecchio operaio che proprio a forma di ogiva ha  modellato i cespugli davanti a casa. La scintilla per la  riscoperta delle gallerie è venuta pochi mesi fa a  Mazzanti, quello della Pro Loco, vedendo dei documentari di  guerra in televisione: possibile, si è chiesto, che l'  archivio dell' Istituto Luce non conservi niente su Campo Tizzoro  che ebbe un ruolo così strategico durante la guerra?  Infatti c' era: un filmato girato nel '40 all' interno della  fabbrica. Uno di quei filmini molto simili ad altri di propaganda  fascista in cui si mostrava l' efficiente organizzazione all'  interno degli stabilimenti e nel Villaggio Orlando, costruito  dalla famiglia fondatrice della Smi per ospitare operai,  impiegati e dirigenti, uno dei rari esempi di  città-fabbrica realizzati in Italia sulla spinta degli  ideali utopistici di fine Settecento. Nelle immagini dell'  Istituto Luce si vedono gli operai al lavoro, i giovani balilla  che sfilano, e soprattutto le simulazioni di ricovero nel bunker  in caso di attacco aereo. «Non è stato facile avere  quel filmato, ma alla fine siamo riusciti ad acquistarlo e a  ottenere dalla Smi il permesso di fare sopralluoghi nelle  gallerie» dice Mazzanti. Da lì è partito un  lavoro di ricerche storiche, architettoniche e sociologiche,  sfociato nel progetto «Campo Tizzoro, utopia  realizzata», presentato insieme al filmato un mese fa ai  cittadini della zona di San Marcello in una serata affollata da  più di cinquecento persone. «Ora che questo  patrimonio è stato rivelato, ed è tutto sommato in  buono stato, si tratta di valorizzarlo: fare di Campo Tizzoro un  laboratorio di archeologia industriale con un progetto che  comprenda non solo il bunker ma anche la creazione di un museo  storico. E' necessario coinvolgere gli enti pubblici e gli  imprenditori privati proprietari dell' area» dice Fabio  Zucchi, uno degli architetti di Hypogeum. I soggetti, di cui il  Comune sta saggiando la disponibilità, sono la Smi e il  consorzio Cii che ha acquistato proprio dalla Smi 30 mila metri  quadri di terreni e capannoni ora in ristrutturazione per  ospitare attività industriali e artigianali: le gallerie  scorrono sotto le loro proprietà. «Da entrambi  abbiamo avuto segnali di interesse: la vocazione di Campo Tizzoro  rimarrà quella industriale, come è da sempre, ma  non può restare l' unica. Le gallerie e l' eventuale museo  ci darebbero un' imperdibile opportunità per rilanciare il  turismo in chiave culturale e didattica» insiste Moreno  Seghi, sindaco di San Marcello. Una possibile svolta, per questo  paesino di ottocento abitanti che teme di aver imboccato il viale  del tramonto: il suo destino è da sempre legato a quello  della Smi, che lo ha fatto nascere nel 1911 in un taglio di  montagna dove prima non c' era niente, e che oggi, spostando  altrove il centro di alcune lavorazioni, lo costringe a una fase  di riconversione. Cambiare pelle non sarà possibile, Campo  Tizzoro non ha che cento anni di storia da offrire, non possiede  chiese medievali né borghi antichi da mostrare ai turisti,  ma la vocazione industriale cui è condannata si può  contaminare, addolcire con qualcosa di diverso: a Limestre, altra  roccaforte Smi a pochi chilometri da qui, sta già  succedendo. Su un terreno del gruppo, dove c' è uno  stabilimento dismesso dall' 84, sorgerà il villaggio di  Paul Newman per i bambini affetti da gravi malattie. Il  villaggio, frutto della partnership tra la fondazione «Hole  in the wall» dell' attore e la Fondazione Dynamo che fa  capo al finanziere Vincenzo Manes della Intec che possiede il 30  per cento del gruppo Smi, aprirà nel 2007. Newman è  stato qui sulla montagna poche settimane fa, chissà se  passando per Campo Tizzoro e vedendo quel monolite a forma di  proiettile si sarà chiesto: what is that?

CLAUDIA RICONDA

LA REPUBBLICA

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